Le macchine che fondevano i corpi
piccoli erano le più veloci e rumorose con ritmi che andavano oltre i duecento
colpi al minuto.
Man mano che si andava dal corpo
sei verso i corpi più grossi la velocità andava diminuendo. Corpo sei, corpo
10, 12, 14, 16...., fino al corpo 72 che assestava colpi poderosi e lenti.
L’atmosfera era permeata da una leggera
nebbiolina che fuoriusciva dai crogioli, dove i lingotti, fatti di una lega di
piombo, stagno, antimonio, zinco..., lentamente si consumavano, man mano che si
trasformavano da materia grezza, in piccoli perfetti caratteri mobili da
stampa.
Nell’aria si avvertiva l’odore
dolciastro del metallo fuso. La temperatura di fusione di quattrocento gradi centigradi era mantenuta da una resistenza elettrica
regolata da un termostato.
Il nostro elettricista, Battista
Benozzi, era un esperto e costruiva le resistenze per i crogioli ed i bocchini,
appendici che dal crogiolo portavano il materiale fuso, mediante
l’accoppiamento di una piastrina forata (paletttina), alla macchina fonditrice.
Prima dell’utilizzo dell’energia elettrica,
nelle prime fonderie di caratteri, i crogioli erano scaldati con la fiamma di
gas combustibili e la temperatura era regolata dal fonditore che osservava la
fluidità ed il colore del materiale.
Ebbi un primo colloquio col dott. Camera,
direttore di Fonderia Caratteri, che mi espose il punto di vista dell’azienda,
che riteneva il mio titolo di studio, (Liceo Classico), non idoneo al tipo di
lavoro che avrei dovuto affrontare. Da parte mia ribadii che avevo bisogno di
lavorare e promisi di restare almeno due anni per ripagare la società
dell’onere che avrebbe sostenuto per istruirmi. Rimasi poi 17 anni in fonderia
caratteri ed altrettanti in fabbrica macchine.
Mi recai quindi in Fonderia, dove il
sig. Giovanni Montarolo, Cavaliere del lavoro, Capo Reparto di Fonderia
Caratteri mi illustrò gli aspetti tecnici ed economici del lavoro di fonditore,
nonché l’ambiente della fonderia, che avrei conosciuto col tempo.
L’ufficio del sig. Montarolo era
una struttura costituita da vetrate trasparenti, a forma di cubo, situato circa
a metà del lungo corridoio.
Seduto dietro la sua scrivania, alla luce di
una lampada da tavolo, controllava la “linea” ai fonditori che iniziavano un
nuovo lavoro.
Questa era un’operazione molto
accurata, per accertare che i caratteri della nuova fusione fossero
perfettamente in linea con i campioni di magazzino e con i lavori precedenti
già in possesso dei clienti.
La “Giustificazione” (così si chiamava
l’insieme dei caratteri campione), era costituita dalla “m” ed dalla “o”
minuscole (il minuscolo veniva denominato “bassa cassa”), con cui venivano
allineati i caratteri contenenti aste e tondi, da “H” ed “O” maiuscole per le
lettere maiuscole, dal "punto" per la puntuazione (.,:;!? ecc.)
Veniva anche controllato lo
spessore del corpo (forza di corpo), lo spessore del carattere, la distanza
(approche), il piano dell’occhio e la qualità della fusione.
Da lui appresi la conoscenza delle macchine
fonditrici e delle misure tipografiche.
La spaziatura, come dice la stessa parola, era
costituita da spazi che il tipografo interponeva tra una parola e l’altra
quando componeva una pagina.
Aveva le stesse dimensioni dei caratteri con
cui era accoppiata, non aveva l’occhio ed era importante la misura dello
spessore in punti tipografici Didot o Pica.
Bertinotti mi parlava della vecchia Nebiolo,
dei vecchi compagni di lavoro, delle opportunità che avrei avuto se mi fossi
impegnato ad imparare il mestiere di fonditore.
Raccontava della Nebiolo degli anni
della sua gioventù, dei suoi compagni di lavoro. A volte, guardando fuori dalla
finestra, su Via Padova, ricordava come aveva visto nascere le case intorno
alla fabbrica, di quello che era poi chiamato il borgo dei fonditori.
Infatti, chi lavorava in Fonderia
Caratteri, abitava nelle vicinanze, in modo da andare a casa a mangiare nelle
due ore disponibili per il pranzo.
Rimasi circa due mesi nel reparto
spaziatura, per acquisire una certa padronanza nella manipolazione dei
caratteri che venivano allineati, quando già venivano fuori dalla macchina
fonditrice, su dei listelli di legno sagomato con un piccolo bordo, chiamati
compositoi.
Divenni, quindi, allievo fonditore di caratteri, assieme ad
altri ragazzi, assunti quasi
contemporaneamente in quel periodo.
contemporaneamente in quel periodo.
Il periodo di apprendimento era di
18 mesi per i ragazzi che avevano fatto le scuole ad indirizzo tecnico, di 27
mesi per gli altri
Formavamo una squadra di circa 10
allievi fonditori, istruiti da un maestro di nome Frangimondo Mannucci,
toscano.
Il sig. Mannucci svolgeva il suo
compito con solerzia e con passione, ora gentile ora burbero, cercando di
trasmetterci quelle “malizie” che erano il segreto per riuscire nel mestiere e
che si acquisivano con l’esperienza accumulata giorno per giorno.
Le macchine fonditrici, lavorando a
caldo, erano soggette, a delle pur minime variazioni di temperatura (i
fonditori più anziani dicevano che sentivano il tempo atmosferico).
Il fonditore osservava, intuiva ed
interveniva, regolando la velocità della macchina in base allo spessore della
lettera (più veloce per i caratteri sottili come la “i”, la “1” bassa cassa, il
punto, la virgola più lenta per la “m” o
la “w” o i dittonghi “æ” ed “œ”...), regolando il flusso d’acqua che
raffreddava le parti meccaniche, visibile attraverso una spia, la temperatura
di fusione del crogiolo, la temperatura del bocchino con apposita resistenza e
la sua perfetta messa a punto (pulizia interna da eventuali scorie, forellino
di emissione con diametro adeguato allo spessore della lettera, spessore atto a
mantenere la temperatura di fusione, perfetto accoppiamento tra bocchino,
palettina e macchina.
Era importante il perfetto
accoppiamento con il bocchino, da una parte e con la macchina dall’altro.
Era determinante il suo spessore e
il forellino che poteva essere uguale o leggermente inferiore a quello del
bocchino. Uno spessore troppo elevato della palettina o del bocchino, un
cattivo accoppiamento, potevano causare l’interruzione della fusione o una cattiva
qualità della stessa.
La conoscenza e l’efficienza della macchina
era necessaria per realizzare dei tipi da stampa perfetti le cui
caratteristiche erano: allineamento, approche, piano dell’occhio, spessore,
forza di corpo, qualità della fusione. In un secondo tempo i caratteri venivano
portati al reparto taglio e appretto, dove veniva tagliato il piede del
carattere nel punto dove si era rotto il boccame, mediante un apposito
attrezzo.
Se occorreva venivano ancora portati nel reparto “creneria”, dove delle ragazze esperte eseguivano un’operazione mediante la quale veniva asportato, con l’utilizzo di una fresa, una porzione di occhio del carattere che fuoriusciva dall’occhio stesso (vedi caratteri corsivi, o altri caratteri che imitavano la scrittura a mano, in special modo l’Inglese che veniva tutto trattato in “creneria”).
Dopo essere passati dal reparto
appretto, dove operavano generalmente dei fonditori divenuti anziani che
controllavano la perfezione di tutte le caratteristiche, i caratteri venivano
portati nel reparto abbassatura per l’ultima operazione che consisteva nel
fresarli all’altezza voluta dal cliente.
Quindi, nel reparto magazzino, le
impaginatrici impacchettavano i "minimi" richiesti dal cliente e
quelli destinati al magazzino.
A volte accadeva che per una non
perfetta aderenza della matrice al piano della macchina, si verificava la
fuoriuscita accidentale di piombo fuso che veniva spruzzato all'esterno,
provocando degli effetti poco piacevoli.
A farne le spese era anche il sig.
Mannucci. Nei suoi occhiali e sul suo grembiule nero spesso si depositavano
delle spruzzate, dovute anche alla nostra imperizia, che creavano dei ghirigori
e dei ricami metallici.
Del sig. Mannucci ricordiamo la sua
arguzia, l’ironia, il parlar toscano (era orgoglioso di esserlo: più di una
volta citò le tre colonne della lingua italiana: Dante, Petrarca e Boccaccio) e
poi la sua professionalità e serietà.
Ci invitava qualche volta a casa
sua, la sera, a fare quattro chiacchiere
ed a bere un bicchierino.
La nostra era la nuova generazione
di allievi fonditori non prevalentemente piemontese della Fonderia Caratteri della Nebiolo.
C'erano veneti, torinesi, emiliani di Comacchio, siciliani, piemontesi di
Savigliano, di Manta, pugliesi, un indiano di Bombay, ed altri.
E’ stato un bel periodo della
nostra vita che ricordiamo con piacere, quando abbiamo occasione di rivederci.
I fonditori anziani da anni ormai
lavoravano alla Nebiolo, quasi tutti piemontesi, persone con grande professionalità, serietà ed onestà nella vita
e nel lavoro che ricordiamo sempre con affetto.
Il tutto formava un ambiente di
lavoro piacevole nonostante i lati negativi che quest’attività comportava:
lavorazione, fusione e manipolazione del piombo, ambiente con temperature
abbastanza elevate, specialmente nei mesi estivi (il piombo fondeva alla
temperatura di 4000C, nei crogioli che ciascuna macchina fonditrice
aveva nella parte posteriore) , rumorosità delle macchine.
Si osservavano delle norme
igieniche, per prevenire eventuali intossicazioni da piombo. Non tutti potevano
fare il mestiere di fonditore di caratteri. All’atto dell’assunzione veniva
fatta una visita medica presso un ente preposto. Veniva esaminato il sudore
emanato dalle mani dell’aspirante fonditore, e, nel caso che la qualità del
sudore fosse di natura molto acida, si veniva scartati. Infatti toccando i
caratteri si potevano lasciare delle impronte indelebili e corrosive sul corpo
degli stessi.
Ogni tre mesi si effettuavano delle
visite di controllo. Qualcuno più sensibile di altri alla vicinanza del piombo
doveva lasciare la fonderia.
Al secondo piano c’erano anche i Reparti: “Filetteria”, "Incisone", la “Creneria”, il “Taglio”, l’“Appretto”, il “Magazzino Matrici” e gli Uffici Amministrativi.
Al piano terreno c’erano i Reparti: “Abbassatura”, “Impaginatrici”,
“Magazzino Spedizioni ed Imballo”, "Rifusione degli scarti",
spogliatoio con servizi e docce.
Nell’ora della refezione, chi per
motivi di lontananza non si recava a casa, poteva usufruire della mensa, dove
era servito un primo piatto (il secondo si portava da casa).
Con alcuni allievi di Fonderia
Caratteri, avevamo stipulato una convenzione con la Trattoria Bologna, nella
omonima via, che ci forniva il pasto completo al costo di £ 350 (circa un’ora
di lavoro).
Era un ambiente accogliente dove si
recava tanta gente che lavorava nei dintorni ed anche molti camionisti.
Dopo il pranzo si andava nei locali
del Circolo che si trovavano in una palazzina di Via Bologna, dove c’era un
bar, un locale con due bigliardi, dei tavolini con delle sedie, dove si attendeva
l’ora della ripresa del lavoro.
Qualcuno che veniva da lontano e
che si alzava molto presto, come i nostri compagni che venivano da Saluzzo o
Savigliano che si svegliavano alle quattro del mattino, poggiando la testa su
un tavolino, cercavano di recuperare un po’ di energie.
Ma non sempre ci recavamo nei
locali del Circolo. Andavamo spesso a giocare a scala quaranta in un bar di
Corso Novara, dove trovavamo delle
ragazze che lavoravano nella fabbrica di borse e valige, “Ragazzoni”, con le
quali eravamo diventati amici.
C’erano anche altri locali dove si
recavano operai e impiegati di altre ditte ubicate nelle vicinanze.
Il bar Nadia di corso Brescia, e
"piola" di Mariuccia in Via Padova, dove si recavano spesso gli
operai della ditta “Pastore”.
Nel bar di Corso Novara ed in
estate nei giardini dello stesso corso, incontravamo le operaie della ditta del
“Dottor Gibod”, della “Manifattura Rosy”, delle confezioni “IBAC”, gli operai
della fabbrica di ossigeno “Rivoira”, e del caffè “Lavazza”.
Dopo alcuni anni, quando la
maggioranza dei dipendenti non abitava più nella zona vicino alla Fonderia,
vincendo le resistenze comprensibili degli anziani, dopo aver fatto due
referendum, si ridusse la pausa ad un’ora per uscire prima la sera.
Ogni anno il Circolo Nebiolo
organizzava una gita sociale di livello qualitativo molto elevato. Si
visitavano paesi stranieri o località italiane, usufruendo di mezzi di
trasporto (aerei, treni, navi, pullman) ed alberghi di buona qualità. Si pagava
una quota, già ridotta per la partecipazione della Società, anche a rate, con
piccole trattenute sulla busta paga. Ricordo, ad esempio la gita in aereo in
Olanda, con visita delle maggiori città come Amsterdam, l’Aja, Rotterdam,
Harlem…Visite alle fattorie dove si produceva il classico formaggio olandese "Gouda"
o l'"Edam", con la scorza rossa, il taglio dei diamanti, la
coltivazione dei tulipani, le ceramiche di Delf, la grande diga del nord, i
locali notturni….
Un’altra bella gita fu quella fatta
in aero a Vienna, quella in treno al villaggio turistico Valtur di Ostini, in
Puglia, con visita alle grotte di Castellana e ai Trulli di Alberobello, con
vita notturna in locali dove si suonava, ballava e si assisteva a spettacoli di
varietà. Da ricordare anche la gita a Brucoli, in Sicilia, con un volo charter
da Caselle a Catania Fontanarossa, ospiti del locale villaggio turistico Valtur
Era un’abitudine consolidata dei
fonditori di organizzare una volta l’anno un pranzo cosiddetto “Selvaggio”.
Durante l’anno passava Sergio
Bernardi a raccogliere 100 lire a settimana a persona.
Poi nel periodo estivo, un sabato o
una domenica, si andava in località campestri a consumare il pasto, che
generalmente era a base di "bagna cauda" ed altre specialità
piemontesi, accompagnate con ottimo ed abbondante vino.
Dai vecchi fonditori era stata
creata, negli anni addietro, una cassa mutua interna che interveniva per la
cura dei denti e degli occhiali da vista.
Quando fui assunto alla Nebiolo,
nel 1963, non c’era la Commissione Interna.
I vecchi fonditori (Bertinotti,
Mannucci….) raccontavano di una profonda crisi che aveva attraversato l’azienda
negli anni precedenti.
Avevano lavorato per un lungo
periodo (3 anni?) senza percepire stipendio, facendo grandi sacrifici, debiti
nei negozi di alimentari ecc.
In un secondo tempo la Società
Nebiolo aveva saldato i debiti, dando anche, per chi accettava, azioni della società.
Trascorsi alcuni anni, decidemmo di
comune accordo, per avere un rapporto più diretto con la direzione, di creare
quelle che allora si chiamavano R. S. A. (Rappresentanze Sindacali Aziendali),
che venivano eletti tra gli iscritti alle tre organizzazioni sindacali.
Con la collaborazione degli anziani
(Bernardi, Marmetto, Bay, Moscatelli, Pagliano…), ognuno di noi diede
l’adesione ad un sindacato, per poi eleggere tra gli iscritti i tre
rappresentanti. Le maggiori tendenze politiche tra le maestranze erano rivolte
all’area socialista e cattolica. Per poter avere tre rappresentanti, si
convenne di iscriversi alle tre confederazioni, indipendentemente dalle idee
politiche.
Si convenne che le cariche, per
quanto possibile, sarebbero state a rotazione, per distribuire tra più persone,
il peso e la responsabilità dell’incarico.
La nostra attività, attraverso gli
anni, , può essere così riassunta:
Equiparazione del premio di
produzione delle donne a quello degli
uomini.
Istituzione delle visite periodiche
per il controllo del piombo nell’organismo (Saturismo), dopo uno studio fatto
in sede sindacale, riferendoci ad un’analoga esperienza fatta dal sindacalismo
inglese.
Istituzione del premio di
produzione annuale (futura quattordicesima).
Gestione del contratto di lavoro
dei Grafici, Poligrafici e Cartai.
Per ultimo lo scorporo di Fonderia
Caratteri dalla Nebiolo, con conseguente trasferimento di alcuni dipendenti
dalla fonderia a Fabbrica Macchine a Settimo.
Quest’ultima è stata l’esperienza
più amara e dolorosa del mio periodo di permanenza in Fonderia Caratteri. Dopo
molti anni veniva chiuso uno stabilimento che per la sua importanza e per la
sua produzione era stato famoso a livello internazionale.
Gli anni della nostra gioventù
erano trascorse tra quelle mura e lasciavamo tutti un po’ di noi stessi in quei
luoghi.
La trattativa si svolse all’Unione
Industriale di Via Fanti e fu condotta per noi da Sartoretti. Per la Società
Nebiolo era presente il geometra Gherardi ed il dott. Manzoni. Fu data la
possibilità di scelta se rimanere nella futura fonderia o essere trasferiti a
Settimo. Per quanto fu possibile, furono considerati tutti i casi personali,
tenendo conto delle professionalità di ognuno. Ebbero meno problemi coloro che
avevano un titolo di studio e svolsero un lavoro da impiegati. I nostri
meccanici della manutenzione, si ambientarono subito nel nuovo lavoro.
Per gli altri si convenne in sede
di trattativa che avrebbero frequentato dei corsi di riqualificazione.
Mi iscrissi, in seguito, ad un
corso di disegnatore meccanico progettista, presso la "Scuola Radio
Elettra" (allora famosa a Torino), che mi aiutò moltissimo nel nuovo
lavoro.
Al termine della trattativa, demmo
le dimissioni dal nostro incarico sindacale ed affrontammo la nuova vita.
Il mio ultimo lavoro fu la fusione
del carattere “FORMA” serie tonda neretta 420 – 10 corpo 5/6.
Il giorno 2 ottobre 1978, con alcuni
colleghi e compagni di lavoro, ci trovammo in Via Fiocchetto, alla stazione dei pullman
extraurbani, dove prendemmo il pullman
che ci portava verso lo Stabilimento di "Fabbrica Macchine", in
Strada di Settimo, 323, per iniziare una nuova attività ed una nuova, bella
avventura, che avrebbe arricchito la nostra vita e lasciato in noi dei lieti, a volte nostalgici, a volte tristi ricordi.
Fonditore di Caratteri e
Montatore di Macchine da stampa offset
Gaetano Donato
Di seguito riporto il testo di
un articolo del Sig. Michele Fenu, che ben illustra la Fonderia Caratteri della
Soc. Nebiolo di quegli anni:
Conoscete la Nebiolo? la Fonderia Caratteri
Una volta, ai maestri tipografi era
concesso dai principi regnanti l’onore di portare al fianco lo spadino,
simbolo della nobiltà dell’arte professata.
Erano, al tempo stesso, disegnatori,
incisori e fonditori dei caratteri che adoperavano. Qualcuno, più
intraprendente degli altri, si faceva anche editore e commerciante delle sue
stesse edizioni.
Ricordiamo un tipico quadretto del 1500: un
forno per la fusione della lega, un crogiuolo in cui fiammeggia. il liquido
incandescente, e, a un passo il maestro fonditore.
Ha in mano un piccolo mestolo ricolmo
di metallo: fra un attimo, lo verserà nella forma, a riempire la cavità della
matrice. E’ un maestro di quelli bravi: in un’ora otterrà circa 400 pezzi fusi.
Oggi di principi regnanti ne sono rimasti
pochi, e gli spadini si vedono soltanto alle sfilate militari.
Sono spariti anche i maestri tipografi
(almeno nel senso antico del termine), e gli stanzoni neri di piombo in cui
lavoravano. Ma qualcosa è rimasto, il più importante: le fonderie di caratteri
e la certezza, in coloro che vi operano, di creare oggetti in cui coesistono
ispirazione artistica e tecnica raffinata.
In materia, uno degli esempi più
validi è dato proprio dalla Nebiolo, nata nel 1852 come Fonderia Caratteri.
Questa la base, questa la partenza, che molti, di fronte alle attuali
dimensioni della Società, dimenticano o, forse, non sanno.
La Nebiolo d’oggi rivolge la sua attenzione
in molti e differenti settori del mondo grafico, la fonderia caratteri è
diventata una parte del tutto, una sezione incastonata nel complesso.
Una Sezione tutta particolare, più
piccola di altre, ma. autosufficiente: la produzione, cui concorrono circa 160
dipendenti, è a ciclo integrale.
Quasi una fabbrica nella fabbrica, con
alle spalle un patrimonio di esperienza unico, quale possono dare solo cento e
più anni di studio e di attività. Sezione “piccola”, abbiamo detto, ma tutto è,
naturalmente, relativo.
Basti pensare che il suo magazzino è
costituito da 60 milioni di pezzi, per un peso di 450 mila chilogrammi, che il
reparto incisione matrici ha una capacità di produzione annua di 16 mila unità
(ve ne sono in deposito circa 470 mila, alcune risalenti a 50 anni fa: anche il
cliente più conservatore può essere accontentato!), che vi sono decine e
decine di macchine e impianti speciali per ogni fase della produzione, e che
la produzione stessa comprende non solo i caratteri, ma anche i filetti ed i
bianchi tipografici.
Una produzione che, grosso modo,
è articolata in sette tappe, che si
svolgono tutte nella sede della Nebiolo di via Bologna.
I caratteri nascono e partono per il mondo da
due grandi saloni principali, situati su due piani diversi dello stabilimento.
Abbiamo lo studio artistico, l’incisione
matrici, la materia prima per la fusione, la fusione, l’abbassatura, la
preparazione polizze, l’imballaggio e la spedizione.
In sè e per sè, lo studio artistico è
una fase preparatoria alla lavorazione materiale del carattere, ma ci sembra
più opportuno unirla ad essa, in quanto facente parte dello stesso filone,
dello stesso processo che porta dall’idea, dal disegno alla realizzazione
concreta.
Del resto, se negli ultimi
quarant’anni la produzione della Fonderia ha fatto registrare significativi incrementi,
lo si deve non solo all’altissima qualità del prodotto, ma anche al suo stile,
alla sua vitalità, alla sua aderenza con i tempi. Non è certo soltanto per...
simpatia verso la Nebiolo che, in Italia e all’Estero, artisti grafici, tipografie,
agenzie di pubblicità, ecc. danno la, preferenza ai caratteri che escono dalla.
Fonderia di Torino.
Questa ha sempre avuto fra i suoi
collaboratori i più abili specialisti dell’arte grafica. Impegno costante
dello studio artistico è di perfezionare i metodi di ricerca, analisi e
sviluppo delle forme degli alfabeti.
Un “gruppo di lavoro” si è dedicato
con passione all’esame della forma attuale dei caratteri e alla previsione di
quello che potrà essere in futuro.
Sono ricerche sottili, difficili, che
però, in parallelo con l’avanzamento tecnologico-costruttivo dei caratteri,
mantengono al vertice la Fonderia.
Nello studio artistico sono occupati
in permanenza sei tecnici, fra cui un fotografo.
Il suo impiego fa risparmiare molto
tempo nelle prove di accostamento e di confronto dei caratteri.
C’è una piccola camera oscura, due o
tre stanze. Alle pareti, in un giocondo inseguirsi di colori, manifesti,
stampe, enormi disegni.
Vocali, consonanti, parole si
mescolano assieme, dando veramente all’ambiente una vaga aria “bohèmienne”.
Ma basta fare pochi passi, un breve
corridoio, per entrare nel regno della tecnica, dove la ispirazione del
grafico, condensata in elaborati disegni, si traduce finalmente nella minuta,
eppur solida, metallica concretezza del carattere.
Eccoci nel cuore della Fonderia, nel
reparto incisione matrici. Peter Schòffer, incisore socio di Gutenberg, che
ideò il sistema del punzone e della matrice, non crederebbe ai suoi occhi.
E forse non presterebbe fede a chi
gli dicesse che il metodo, in fondo, è sempre lo stesso.
Ma non avrebbe torto a dubitare: che
cosa porrebbe sapere, poveretto, di pantografi, ingranditori di profili,
microscopi di precisione, microscopi per il controllo delle matrici durante
l’incisione e di tutte le altre particolarissime attrezzature che rendono il
reparto uno dei più forniti del mondo?
I pantografi, per esempio.
Shòffer incideva la lettera, in
rilievo, su un punzone d’acciaio e, quindi, lo batteva su un blocchetto di
rame, ottenendo l’impronta in incavo, ossia la matrice. Ora, sono i pantografi
a svolgere il lavoro di incisione riproducendo perfettamente il disegno. Questi
dispositivi non sono certo un’invenzione di ieri, ma i dodici in uso alla
Nebiolo (vertica1i tipo Benton, alcuni azionati da motori ad alta frequenza
che compiono sino a 30 mila giri al
minuto adottano utensili di caratteristiche avanzatissime, i più moderni ed
efficienti che si conoscano nel settore.
Si tratta di utensili in carburi
metallici affilati con accorgimenti speciali che assicurano la durata del filo
tagliente per l’incisione dell’intero corpo, con la garanzia di un’assoluta
fedeltà all’originale e di un’eccezionale costanza del profilo e della forza
d’asta dei segni alfabetici.
Il reparto, oltre all’incisione delle
matrici per i nuovi disegni dei caratteri, provvede alla manutenzione di
quelle bruciate o alterate nel corso della fusione.
Inoltre, esiste un impianto per la
formatura elettrolitica delle matrici che hanno caratteristiche di forma
particolari.
Il risultato finale, in ogni caso, è
sempre lo stesso: matrici perfette, almeno per quanto è umanamente possibile
realizzare.
E pensate che possono essere incise
lettere alfabetiche da corpo 0,3 p (~ 0,112 mm) a corpo 120 p ( 45 mm), con un
rapporto da 1 a 400. Ogni anno, in media, vengono prodotte circa 12 mila
matrici.
Il magazzino, come abbiamo già accennato, ne
contiene 470 mila. Sono disposte in bell’ordine in armadi di legno dai mille
cassettini, 120-130 matrici per ogni corpo.
Nello stesso salone che ospita il
reparto incisione matrici c’è quello destinato alla fusione. Anche qui il
nostro amico Schòffer strabilierebbe. File e file di macchine fonditrici (sono
120) operano ad un ritmo incredibile, accoppiate ad una nutrita serie di
controlli di qualità, che per la Fonderia costituiscono un vero punto di
orgoglio.
Si comincia con la materia prima,
ossia con la lega o le leghe da impiegare, composte, in varia proporzione da
piombo, stagno e antimonio.
Devono offrire una duplice garanzia:
risponde al massimo possibile alle esigenze di lavorazione e mantenere
costantemente il loro livello qualitativo. Non si creda che un identico tipo di
lega vada bene per ogni carattere.
Alla Nebiolo ne sono adottati cinque
e, ogni volta, con la collaborazione di tecnici specializzati, con prove di
laboratorio, prove-macchina e prove-stampe, si stabiliscono i tipi da usare in
funzione del carattere da fondere. La Fonderia ha la esclusivirà di una lega
unica nel suo genere, una lega che ha raggiunto la massima durezza conosciuta
nel settore delle leghe da stampa per caratteri mobili.
Risultato: si possono svolgere lavori
eccezionali, dove si richiede un elevatissimo grado di resistenza all’usura.
A
parte i normali controlli di laboratorio, la Nebiolo fa compiere, metodicamente,
analisi ufficiali all’Istituto tecnico industriale “Luigi Casale” di Torino, ed
all’Istituto di Ricerche Breda di Milano dalle quali emerge un dato di fatto
continuamente confermato: la costanza
qualitativa chimico-fisica delle leghe
impiegate e la tendenza al miglioramento delle loro caratteristiche, anche se
pare impossibile visti i risultati già conseguiti.
Le macchine.
Qui, ormai, si è raggiunto il vertice
del progresso; potranno, in futuro, cambiare piccoli particolari, ma non è
possibile realizzare macchine fonditrici migliori di quelle utilizzate nella
Fonderia.
Si tratta di modelli semi-automatici universali
a lama, in grado di fondere nei sistemi Didot e Pica e, quindi, di produrre
caratteri per i paesi europei e di lingua inglese.
Come capita sovente alla Nebiolo,
queste macchine sono state modificate dai tecnici della Società, sulla base di
un’esperienza e di un’intraprendente ingegnosità, piuttosto tipiche.
Le fonditrici presentano numerosi
accorgimenti interessanti, dall’alimentazione automatica della lega al
crogiolo con riscaldamento elettrico a termo-resistenze sommerse, sino al
controllo automatico della temperatura, mediante “comando di potenza a stato
solido” cioè un sistema elettronico di parzializzazione della energia
richiesta.
E’ il primo e unico dispositivo del
genere ad esser applicato, in campo internazionale, a macchine di questo tipo.
Accanto ad esse lavorano i moderni discendenti
di mastro Schoffer.
Silenziosi, ordinati, in una
tranquilla atmosfera industriale, non hanno davvero più molti punti in comune
con Herr Schòffer, anche se, come lui e
salve le debite proporzioni, possiedono
tutti i segreti dell’arte di fondere.
E’ gente che, oltre alla preparazione
teorico-pratica, segue i frequenti corsi aziendali di istruzione e di
aggiornamento tecnico, sotto la guida del maestro “primo fonditore”, un personaggio
che trae le sue origini nei secoli passati.
A questi uomini così esperti, alla
straordinaria qualità delle materie prime impiegate, si aggiungono tre diversi
collaudi, eseguiti prima, durante e alla fine del processo produttivo.
E non basta: c’èanche un quarto controllo, di
cui si incarica la “Tipografia sperimentale” della Nebiolo.
E un controllo sistematico di qualità,
sulle caratteristiche generali e sulla resistenza all’usura dei caratteri, che
stabilisce inoltre delle precise comparazioni con il lavoro delle altre fonderie.
E’ un complesso di verifiche che
garantisce una produzione di circa 50 milioni di pezzi all’anno.
A complemento del reparto fusione, nella
Fonderia è organizzata un’altra sezione, incaricata dell’abbassatura dei caratteri.
Si tratta di un’esigenza imposta soprattutto
dal mercato italiano, dove sono utilizzate circa un centinaio di altezze
differenti.
La clientela ha tutta una gamma di
richieste da presentare alla Nebiolo, e la Società si fa onore di poterle
esaudire tutte allo stesso modo, cioè con il consueto standard di precisione ed
efficienza.
A questo scopo, il reparto è stato
dotato di una serie completa di attrezzature: fresatrici verticali
semi-automatiche di progettazione aziendale, mandrini ad alte velocità con
fresa ad otto utensili in carburo di acciaio, impianti di aspirazione dei
trucioli, e così via.
Un particolare sistema di affilatura
su rettifica lappatrice a mole diamantate garantisce la costanza degli angoli
di taglio e la perfetta complanarità degli spigoli taglienti.
I caratteri, a questo punto, sono
giunti alla quinta fase del loro processo produttivo. Sono scesi dal secondo
piano dello stabilimento al pianterreno.
Li attende la “messa in polizza”,
operazione compiuta dalle delicate mani di una quarantina di operatrici,
affiancate da alcuni magazzinieri.
Che cos’è la polizza? E’, in sostanza,
un documento, un cartellino identità che definisce, in relazione alle diverse
esigenze di una lingua e di composizione, il numero minimo e massimo delle
lettere e dei segni alfabetici necessari per poter mettere insieme un testo.
Per esempio, in italiano la lettera “K “ è poco usata, mentre trova un uso
assai più frequente nelle lingue scandinave.
E, allora, una polizza per la Svezia
richiederà un maggior numero di “K” che non una destinata al nostro paese.
La Fonderia ha elaborato alcune centinaia
di polizze, ciascuna rispondente ai requisiti richiesti dal tipo di carattere
(normale, largo, stretto, solo maiuscolo, per scritture), dal tipo di composizione
(extra testo, testo, avvisi) e dal corpo (piccolo — 6 punti o grande — 72 punti —).
Attualmente, per semplificare i
problemi del settore, è in corso una proposta di unificazione delle polizze, i
cui dettami sono già messi in pratica dalla Nebiolo.
Le operatrici manipolano quintali di
materiale, assolvono alle richieste di clienti che si trovano in mezzo mondo.
Pensate, possono essere fornite
polizze in decine di lingue diverse: italiano, francese, spagnolo, portoghese,
inglese, statunitense, belga, olandese, tedesco, svedese, e persino in turco,
serbo-croato, russo, africander, quel terribile linguaggio derivato
dall’olandese e ricco di termini anglosassoni che parlano nel Sud Africa. Del
resto, il 30 per cento della produzione della Fonderia viene esportato,
principalmente negli Stati Uniti, in Francia, Spaigna, Perù e Inghilterra.
Il successo dei caratteri Nebiolo
negli Usa, Inghilterra e Svizzera è stato in questi ultimi anni lusinghiero,
anche in considerazione del fatto che questi tre paesi non sono certo privi di
stabilimenti grafici e di fonderie di caratteri.
Ma le ragazze ai problemi di vendita
ed esportazione non pensano.
Badano a lavorare agilmente, sedute
ai loro banconi.
Una accanto all’altra, selezionano,
suddividono, ordinano, mandano al magazzino, che è sistemato nello stesso
salone.
Come per le matrici, anche qui
troviamo file di armadi, a formare quasi un labirinto. I caratteri, ormai, sono
pronti ad essere impiegati, lucidi e lustri come tanti soldatini.
I minimi, cioè i quantitativi in peso
o in numero dei segni e delle lettere di una polizza, necessari per una
composizione media, vengono sistemati in scatole di cartone ondulato studiato
per offrire un’ottima protezione dei caratteri e, in particolare, del loro punto
più delicato, cioè l’occhio.
Sarebbe davvero un peccato, dopo tutte
le cure ricevute, che un carattere dovesse dereriorarsi per qualche
inconveniente di spedizione.
Vorrebbe dire che tutto un lavoro
prezioso e paziente è stato compiuto per nulla. Per ciò, anche in questa
operazione finale, così umile rispetto a quelle che l’hanno preceduta, si opera
con analoga attenzione, con identica premura.
Ecco, così si lavora alla Fonderia
caratteri della Nebiolo.
Un ciclo breve, ma intenso, dominato,
in ogni sua fase, da una ricerca costante del “meglio”, del “perfetto”.
E’ una ricerca che è comune in tutte
le sezioni della Nebiolo, ma che qui, di fronte alla nobiltà di una tradizione
secolare, assume valori particolarissimi.
E ancor maggiore rilievo acquista se
si considera che non si tratta di una produzione artigianale, ma di una grande
produzione industriale.
Michele Fenu
Salve Gaetano, bellissimo articolo! Ci contatti a info@anonimaimpressori.it, siamo grandi appassionati di tipografia e ci piacerebbe approfondire qualche argomento sulla Nebiolo!
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