domenica 15 maggio 2011

Il Pescivendolo Gentile

S
Filippo "Il Pescivendolo Gentile"
ono fredde le mattine in queste ultime giornate di Aprile. Ha piovuto molto nei giorni scorsi e stamane un’aria frizzante ci avvolge uscendo di casa. Gli abeti del nostro giardino hanno emesso dei germogli verde chiaro  che come le candeline degli alberi natalizi, abbelliscono i loro rami. Il gatto nero che vive nella scuola di via Scotellaro, traversa la via col semaforo verde, memore della fine precoce di certi suoi amici felini. Un mio vicino di casa, terrorizzato alla vista del micio nero, fa un brusco dietro front, e, pur di non incontrarlo, va fino in corso Vercelli, allungando di diversi chilometri. Dice di non essere superstizioso, ma prudente.
Ci rechiamo alla Falchera a trovare Filippo, pescivendolo gentleman, solitario e gentile che gestisce il suo banco sotto la grande tettoia di cemento che ripara il mercato.
Filippo è un antico signore dai modi anglosassoni e gentili che venendo da un paese lontano, decide di assolvere ad una missione: fare il pescivendolo alla Falchera.
Quando giungiamo sul posto prendo nota di coloro che aspettano il loro turno.
Osserviamo la merce esposta. Calamaretti, seppie, alici, branzini, bianchetti, polipi…
Un avventore si rivolge al pescivendolo:
“Filippo, per favore, dammi due etti di alici, grosse, se puoi, sai, sono malato di cuore”. Filippo, con voce flebile: “Va bene!” “E dammi anche 1euro di gamberi, ma senza testa”. Filippo, sussurrando: “Va bene!” dopo altri due avventori, tocca a noi. Prendiamo dei calamaretti, che piacciono al figlio, dei gamberetti e dei bianchetti.
Filippo tossisce: “Etciù! Cchou! Chou!”. Si schernisce chiedendo scusa. Un signore, giovane pensionato dai capelli grigi: “Filippo, vuoi una sigaretta?”. Gli astanti abbozzano un sorriso, per educazione, per compiacere lo spiritoso comico di turno.
Una signora a me vicina: “Non fumo più da vent’anni!”. “Io da trenta, signora!” Lei: “Il medico mi disse: Se vuoi vivere devi smettere di fumare. Io misi su un piatto della bilancia la sigaretta, e nell’altro piatto i miei otto figli. Scelsi i miei figli! – Come fa i bianchetti? A polpette? Io metto pan grattato, formaggio, prezzemolo, se le piace aglio, sale e pepe.” “Si signora, io aggiungo l’uovo per legare e perché gli da un buon gusto!” – “Allora li fa come me! Oh! Come sono buoni!”
Filippo, come un esperto barista che fa roteare e girare, con stile, le bottiglie di aperitivi e lo sheker, affonda le sue lunghe e affusolate mani nella cassetta dei bianchetti, e con una mezza giravolta le imbuca in un sacchetto. Estrae le alici che tiene a bagno in una vaschetta, e, dopo averle fatte navigare ancora per un attimo, le imbusta per noi. Poi come un prestigiatore che tira fuori da un cilindro, un imprevedibile coniglio, lui, con fare grazioso, ci regala due rosse triglie, con un sorriso, mettendole nel nostro sacchetto. Una rossa triglia siciliana, sdraiata sulla cassetta, con la testa bene in vista, fa l’occhiolino alla signora che aveva chiesto dei bianchetti. La signora, che dice di chiamarsi Loredana, chiede allora a Filippo se le sue triglie fanno tutte l’occhio di triglia. Un gambero nella cassetta vicina, rivolgendosi alla triglia: “Sei fritta!” Le alici, vicine di banco esclamano: “Siamo rimaste al verde!” Loredana a cui piacciono le alici al verde, ne prende mezzo chilo. Prende quindi i sacchetti con quel ben di Dio da portare a casa, dove l’attende il suo maritino e i suoi otto figli, salvati dal fumo.
“Grazie, Filippo, quanto le dobbiamo?” Chiediamo noi, nel frattempo. Schernendosi e un po’ arrossendo, dice una cifra, a voce bassissima, che nessuno sente, perché nessuno conosce  il labiale. Loredana capisce e traduce per noi a voce alta. Qualcuno scherza: “Filippo, comprati un megafono!”. Mi porge sorridendo i pacchetti col pesce. “Grazie Filippo, arrivederci! È sempre un piacere venire a trovarti!”
Gaetano Donato