sabato 19 novembre 2011

Monte Scuderi

Monte Scuderi, si erge con la sua massa imponente all’altezza dell’abitato di Itàla, piccolo centro di 1600 anime. Dalla cima si può osservare,  nei giorni quando l’aria è tersa e limpida, a nord, il lontano Mar Tirreno e, ad est, il Mare  Jonio, dove si fronteggiano Scilla e Cariddi, e, dove nel fondo nel mare tempestoso verde e azzurro, si erge il brillante castello di cristallo della Fata Morgana, che, a volte, mostra ai marinai increduli, visioni di città e paesi sospesi a mezz’aria nel cielo, dove piccoli prismi d’acqua salmastra dividono i raggi solari in miriadi di iridi colorate, creando illusioni visive che si riflettono sulle acque del mare.
 Decidemmo di andare ad esplorare le grotte che si trovano nelle sue viscere. In cinque Rovers del Clan “La Madonnina”, organizzammo un hike della durata di tre giorni, con due pernottamenti. Alcune leggende narrano di un grande tesoro nascosto negli antri della montagna, custodito da una bellissima principessa, costretta da un incantesimo che dura dai tempi antichi. Un cumulo di monete d’oro, uno di monete d’argento e uno di monete di rame. Poi gioielli e oggetti preziosi di grande fattura. Bisognava però andare nel mare, pescare un pesce e correre con il pesce verso la montagna e giungere con il pesce ancora vivo, cucinarlo e mangiarlo prima che finisse il giorno, per poter accedere ai luoghi del tesoro. Questo racconto  fecero due pastori che incontrammo sulla cima del monte, mentre piantavamo le nostre tende canadesi. Saro e Toni, bianchi di capelli, alti e asciutti, ci vennero incontro e ci salutarono. Poi ci chiesero perché volevamo entrare nelle grotte. Solo per vedere e per conoscere, noi rispondemmo. Le pecore pascolavano nel pianoro, su in cima. Saro e Toni le adunarono e le chiusero nel recinto per la notte. Noi cucinammo il pasto accendendo il fuoco del pigro. Una pentola legata ad un filo, legato a sua volta ad un ramo ancorato tra due pietre, su un fuoco di legna di pino, vivace ed odoroso. Loro mangiavano olive e pane nero, formaggio e vino. Assaggiammo il loro cibo, e loro il nostro. Osservammo un bel tramonto dorato e rossastro che sfumava le sagome dei monti Peloritani a nord dove prima si notava la striscia azzurra del Mar Tirreno. Saro ci disse che quello non poteva essere che opera di Dio, di cui si percepiva la presenza ma di cui non si comprendeva l’essenza, data la nostra umana natura imperfetta. Per questo, lui diceva, non potevamo essere pienamente felici. Allora gli chiesi come si poteva essere felici. Mi rispose, volendoci bene, e aspettando quel giorno, quando avremmo finito il nostro tempo. Allora forse sapremo.
Anche Toni disse parole che mi colpirono e che poi ricordai. Guardando l’orizzonte lontano, carezzando il vello di una pecora, disse che loro volavano con la fantasia. E non avevano timore di cadere, perché volavano con le ali del pensiero, non fatte di materia, come quelle di Dedalo e Icaro, che, osò volare troppo in alto  verso il Sole, per sapere, fu abbagliato dalla intensa luce ed il calore sciolse le sue imperfette ali fatte di cera e cadde.
Al mattino presto entrammo, con il nostro equipaggiamento, in una spaccatura della montagna che sprofondava giù verso cunicoli bui ed oscuri. Facemmo molte foto con una macchina fotografica che adoperava delle lampadine che dovevamo cambiare ad ogni lampo. Disegnammo una mappa aiutandoci con la bussola millesimale. Quando uscimmo a riveder la luce del giorno erano passate otto ore.
Saro e Toni ci videro da lontano e ci vennero incontro salutandoci.
Partimmo nel pomeriggio percorrendo la strada di ritorno verso casa.

lunedì 7 novembre 2011

Lettere dal fronte Greco - Albanese

Alcune brevi lettere inviate dal fronte Greco- Albanese da mio zio Francesco Donato alla famiglia.
Desidero ricordarlo in occasione della ricorrenza del 2 Novembre, giorno dedicato ai cari defunti delle nostre famiglie.

27. 9. 1940
Mia Adorata Mamma,
Il giorno 24 ci siamo imbarcati a Bari. La mattina alle ore 3.30 abbiamo levato le ancore, diretti lontano. Nei nostri cuori non c’era la minima preoccupazione. Eravamo su due piroscafi, quello che portava noi era il Galileo, il mare era calmo il cielo sereno e limpido come i nostri cuori. Ufficiali e soldati erano sereni, ogni tristezza era dimenticata, due caccia e un idrovolante ci facevano la strada, i  delfini ci accompagnavano, e dopo 12 ore di traversata abbiamo avvistato la terra, dove il destino della nostra Amata  Patria ci mandava, l'allegria cresceva, e cantavamo canzoni.
Un'ora dopo abbiamo toccato la spiaggia, e così ci siamo accampati e sino ad oggi non ci siamo  spostati. Ti informerò dei nostri prossimi spostamenti.
Qui regna un grande spirito di fratellanza e di rispetto. Tutti speriamo che le cose si svolgano al più presto e tutto torni come prima.
Dopodomani ci sposteremo verso la capitale, l'indirizzo è sempre quello che tu sai, ti prego di scrivere sempre. Non avendo altro d'aggiungere chiudo la presente baciando tutta la famiglia. Baci alla cara Nonna e dille ancora che suo nipote Francesco si farà onore. Mi saluti tutti i parenti e amici, non le scrivo perché una cartolina costa £ 1, una lettera lo stesso. Tanti baci alle care sorelle.
Saluti particolari alla signora Longo e signorina.

2. 10. 1940
               Cara Mamma
Oggi è il giorno di tutti i morti. Io sono lontano e non posso fare una visita alla tomba di mio padre, ma voi farete le mie veci. Cara Mamma ieri e oggi qualche apparecchio nemico ci fa qualche visita, ma nessun danno, solo piccole scaramucce. Non impensierirti per queste cose che ti  scrivo se no un'altra volta faccio a meno di parlarne. E' da tre giorni che non ricevo tua posta, come mai questo ritardo? Non stare in pensiero dal momento che sto bene, e pregate Iddio che mi guardi in ogni istante. Ti mando tanti baci. Tuo figlio Francesco che vuole la tua santa benedizione. Saluti alla signora Longo e signorina.

16. 10. 1940.
               Cara Nonna
Oggi ho scritto una cartolina alla mia Mamma e pure a Voi voglio scrivere un rigo tanto desiderato. V'informo che sino ad oggi siamo sempre allo stesso posto,  ma fra pochi giorni ci sarà da fare una lunghissima marcia con il mio cavallo Varano che è il mio fedele amico nel cammino verso un nuovo orizzonte, verso una nuova meta, verso un destino che sarà la gloria di tutta questa gioventù lontana. Nella vita mi resterà un eterno ricordo di questo cavallo, e un giorno Vi racconterò tutte le sue fatiche.
Voi tutti non dovete essere  tristi, io non lo sono affatto. ……..
Cara Nonna state sempre tranquilla che io mi saprò sempre guardare dai pericoli, pure dalle piogge che vengono torrenziali e anche dalla neve che calpestiamo. Perciò vi raccomando di essere forti come me qui. Baci a voi tutti.
Vostro nipote che vuole la Vostra santa benedizione.

Artigliere Francesco Donato –
Quartiere Generale Comando Divisione Piemonte – Posta Militare n° 82


(Durante un’incursione aerea, l’artigliere Francesco Donato, uscendo dal riparo per recuperare il cavallo del Colonnello che era uscito allo scoperto, fu colpito ad un fianco da un colpo di mitraglia da un aereo nemico. Trasportato all’ospedale da campo, ad Elbassan, con una temperatura di 15° sotto zero, morì il 12 dicembre 1940)