sabato 23 ottobre 2010

Un'amica fedele

Un’amica fedele.
Ci eravamo conosciuti molti anni fa, quando eravamo ancora in tenera età.
Abitavamo prima in via San Agostino poi, dopo la guerra, in via Divisi.
Avevi le sembianze della mia prima amichetta, Costanza, che abitava al terzo piano, noi al secondo, e che aveva un piccolo triciclo rosso col quale scorazzavamo per la casa.
Costanza aveva le trecce bionde e gli occhi verdi, come te. Mi fosti vicina quando andai a scuola per la prima volta, al Turrisi Colonna e al Giovanni Meli. Poi conobbi i primi compagni e, per un po’ mi lasciasti.
Ci ritrovammo, un giorno d’estate, nel viale San Martino, dove, giunto da poco, non conoscendo nessuno, mi aggiravo, osservando la nuova città e pensando alla vita. Mi prendesti per mano e mi accompagnasti lungo le vie del centro e sul lungomare, dove osservavamo le onde spumose accese dalla luce del sole che nasceva. Lì spirava sempre un venticello che ti accarezzava i capelli, l’aria marina sapeva di salsedine, i sogni ci accompagnavano anche di giorno. Conobbi poi molti amici e compagni che mi riempirono la vita e te ne andasti via.
Ma di nuovo ti incontrai e fosti ancora una volta la benvenuta. Nel luogo dove mi ritrovai, che fu poi il luogo dove mi fermai per sempre, avevo bisogno ancor di più della tua presenza che mi portava tanta serenità. Ammiravamo, la sera, le vie del centro, Porta Nuova e le vetrine colorate sotto i portici di via Roma. Tu, tenendomi sottobraccio e stringendoti forte a me, mi sorreggevi e mi davi coraggio. Mi accompagnasti, nelle serate autunnali, con la nebbia fitta che faceva intravedere i ponti sfumati sul Po di cui non si scorgeva l’altra sponda e i rami neri degli alberi che come artigli si stagliavano nel cielo brumoso; nelle fredde giornate invernali, quando la neve imbiancava le solitarie strade di periferia e noi lasciavamo le nostre impronte sulla bianca coltre; nei pomeriggi estivi dei giorni di festa, quando una moltitudine di gente affollava via Garibaldi e via Po e noi ci immergevamo in quell’acquario colorato pieno di pesci di ogni tipo.
Esiste un luogo, nella nostra mente, che è la città ideale che racchiude i posti dove abbiamo vissuto e trascorso un po’ del tempo della nostra vita: vie, strade, luoghi, esperienze, ricordi. In questo luogo, verrà il tempo in cui ci rincontreremo,  con i capelli più bianchi io, tu con le trecce argentate, per passeggiare ancora insieme, Signora Solitudine.
Gaetano Donato

sabato 16 ottobre 2010

Gli Uccelli di Via Scotellaro

            In via Scotellaro, al mattino presto, quando ancora le ombre della notte si confondono con i primi chiarori dell’alba, agli inizi della stagione primaverile, una tribù di merli dal becco giallo si da convegno nel giardino sotto casa ed intona un canto melodioso, bellissimo da ascoltare, con trilli, gorgheggi, cinguetii e pigolii vari. Un canto molto gioioso.

Appollaiata sulla finestra di casa, Nikita, la mia gatta nera dal pelo lungo e dagli occhi cerulei, ascolta estasiata le note che arrivano alle sue mobili e nervose orecchie. Ascolta immobile e attenta, attraverso i vetri . Le sue tonde chiare pupille sono protese nell’oscurità e cercano di individuare i cantori che si aggirano sugli alberi e nei cespugli sottostanti.

Altri tipi di volatili visitano questo angolo verde del quartiere durante la giornata. Alcune coppie di gazze bianche e nere, dalla lunga coda, si posano a volte sui rami o saltellano nel prato, mostrando orgogliose la loro elegante livrea.

I passerotti, piccoli e carini, sfrecciano veloci in tutte le direzioni, in cerca di briciole o dei resti che i più corpulenti amici volanti lasciano loro.

Nikita osserva e tace. Talvolta si nota un leggero tremore sul suo mento, quando un più spregiudicato colombo si posa sulla finestra, dall’altra parte del vetro, guardandola ironicamente.

Si, perché i veri padroni del quartiere sono i colombi, che ad una certa ora del giorno, mai al mattino presto, perché vanno a letto tardi, iniziano le loro scorribande tra i tetti dei palazzi, tra gli alberi, i cespugli, planando velocemente sulla strada, scansando le macchine che sembra li investano ma riuscendo sempre a decollare un attimo prima.

Dall’altra parte del palazzo si erge, con la sua mole autoritaria, il palazzone dell’INPS, che sfiora con il suo tetto il cielo e le nuvole. Lassù, spesso, stanno appollaiati alcuni uccelli rapaci provenienti dal vicino parco della confluenza del Po con la Stura: Falchi, Poiane, grossi Corvi neri e minacciosi. Osservano dall’alto i prati e le vie circostanti, in attesa di un balzo che certamente porterà dolore e morte.

I bianchi Gabbiani, che evocano pensieri di mari lontani, di spruzzi di salsedine portati dal vento, di spazi azzurri e di infiniti orizzonti, hanno fondato una colonia sulle rive della Stura, dove volteggiano in grandi stormi disegnando nel cielo del Parco, figure grandiose, cangianti, sfuggenti.

Nikita osservava quella grande nube nera dei Gabbiani che si spostavano nel cielo formando una figura circolare che poi assumeva la forma di una freccia, con alla testa il Gabbiano Nocchiero, che guidava i suoi simili verso la terra promessa. “Quanto ben di Dio”, pensava in gattesco, “ed io devo contentarmi delle scatolette e dei crocchini!” Una mosca all’improvviso le volò sulla testa. Presa da un raptus cacciatorio la inseguì per tutta la casa, con balzi e salti acrobatici finchè non la prese e la pappò.

Poi, una mattina, mentre Nikita ed io, ascoltavamo il canto dei merli dal becco giallo, notammo qualcosa di diverso, di cui subito non ci rendemmo conto. Un piccolo uccellino giallo, timido e senza pretese, appollaiato sul ramo del salice piangente, cantò un canto meraviglioso.
Tutti gli altri uccelli smisero di cantare e ascoltarono estasiati il canto del piccolo uccellino giallo.
I Merli, le Gazze, i Passerotti, i Gabbiani, i Falchi Pellegrini, le Poiane, i Corvi e molte altre specie di uccelli si unirono all’uditorio, e tutti, anche se parlavano lingue diverse, capirono il canto del piccolo uccellino giallo che cantava in una lingua universale la “Libertà”, la Giustizia”, la “Fraternità”.
Quella notte ho scoperto che i gatti sognano: durante una mia peregrinazione notturna vidi Nikita che dormiva beatamente sul suo solito tavolino, sul tappetino ai piedi della finestra sul cortile. Ad un certo punto, emettendo dei flebili suoni simili a miagolii, mosse le zampine in cerca di una invisibile preda, per rimettersi poi a dormire beatamente. Ripetè l’operazione un paio di volte, cambiando posizione. “Forse avrà sognato il piccolo uccellino giallo!” Pensai.


Gaetano Donato (Studente UNI3 Falchera)









Via Garibaldi



Torino 13 Febbraio 2007

In via Garibaldi, sabato, molta gente affollava la via. Una donna arrostiva  le castagne mettendo in mostra le più belle, accatastandole l’una sull’altra e diffondendo in giro un profumo accattivante.
Una ragazza interpretava il ruolo di statua, quasi immobile, con movimenti appena percettibili:
regalava bigliettini augurali, in cambio di una monetina.
Venditori neri del Senegal offrivano borsette e cinghie di varia foggia. Cingalesi esponevano stampe colorate, sparse per terra, lungo i marciapiedi.
Notiamo una vecchia conoscenza per Torino: il chitarrista Pierre Namuriel, un ragazzo belga che suona molto bene la chitarra solista. Mi sono soffermato già in passato ad ascoltare alcune sue interpretazioni ed ho anche acquistato alcuni suoi CD musicali. Suona indossando dei guanti con le dita tagliate, per ripararsi dal freddo.
Frotte di ragazzi andavano nei due sensi a passo sostenuto in cerca della felicità. Anziani in cerca della giovinezza perduta, cani senza paletta portavano al guinzaglio i padroni. Sulle nostre teste, appese tra un balcone e l’altro della via, si poteva leggere una fiaba narrata con striscioni fatti di lampadine colorate, procedendo dal centro verso piazza Statuto.
Noi l’abbiamo letta al contrario, perché andavamo in piazza Castello, e non abbiamo capito niente.
Ci ripromettiamo di fare un giorno il percorso normale per la lettura.
Ma andando al contrario, percorri anche il tempo al contrario, per cui quando giungi in piazza Castello, sei un po’ più giovane.
Palazzo Madama ci apparve nel suo rinnovato splendore. Gli stendardi colorati appesi alle finestre dell’antica torre, fanno pensare ad antichi tornei, cavalieri con spade e armature, castelli merlati.
Nella piazzetta antistante il ristorante del Cambio,  due musici intrattenevano la gente con una coinvolgente musica jazz. Uno dei due suonava un’armonica a bocca che stringeva tra le dita delle mani, malformate e contorte,  inondando di note tragiche e strazianti gli astanti affascinati dalla sua bravura. Una chitarra, con accordi ritmici lo accompagnava. Ci siamo soffermati alcuni istanti ad ascoltarli.  Ho avvertito un senso di commozione.
Il pubblico non era quello di via Garibaldi, casual, proletario ed un po’ trasandato; si notava nei signori e nelle signore una maggiore ricercatezza nel vestire e nello stile.
Le ultime sere di gennaio non sono state molto fredde e passeggiare, nella penombra della sera, tra le strade seicentesche del centro, respirando l’aria fresca, ti fa vivere un’atmosfera surreale e un po’ fantastica.
            La città è bella. Torino è come una bella donna del Nord che mi ha fatto innamorare! Il ricordo della città e dei luoghi natii, che a volte la mente rievoca, è una dolce nostalgia che tocca il cuore.
Allontanandoci sempre di più da quel punto di partenza, vincendo la forza gravitazionale che ci lega al luogo che ci ha dato i natali, diventiamo cittadini del mondo.

Gaetano Donato (studente UNI3 Falchera).


Turin, 2007-02-13

In Via Garibaldi, Saturday, a lot of people crowded the street. A woman roasted her chestnuts showing the most beautiful, stacking them the one on the other and spreading around a winsome perfume.  
A girl  interpreted the role of immovable statue with almost perceptible movements. She offered slips of paper with good wishes in change of  a penny.
Senegal black sellers offered bags and straps of various manner. Cingalesis exposed coloured presses, scattered on the ground, along the sidewalks.  
I saw an old acquaintance of Turin: the guitarist Pierre Namuriel, a Belgian boy who plays very well the soloist guitar. I have already stopped in past time to listen to some of his interpretations. In winter he plays wearing gloves with the cut fingers, to protect his hands from the cold. 
Crowds of boys went in the two senses with sustained footstep, looking for the happiness.
Elderly people looking for the lost youth, dogs without shovel brought its masters by the leash.
On our heads, suspended between a balcony and the other of the street, a fable could be read narrated with banners made of coloured light bulbs proceeding from the centre toward  Piazza Statuto.
We read contrarily, because we went to Piazza Castello, and we have not understood anything. 
We intend to make one day the normal run for the right reading. But going contrarily, you cross contrarily also the time, so when you arrive in Piazza Castello, you are younger. 
Palazzo Madama appeared us in its renewed shine. The suspended coloured standards to the windows of the ancient tower, make you think to ancient tourneys, knights with swords and suits of armour, crenellated towers. After we went to the little square where is the “Ristorante del Cambio”.
Two musicians entertained the people with an involving jazz music. One of the two had the hands with some malformations and holding betwin them a mouth harmonica, he flooded of very beautiful and overwhelming notes the bystanders fascinated by his cleverness.
He was accompanied by a guitarist singer, as much clever. We stopped there some instants to listen to them.  I felt some emotion.
The public was not the same of Via Garibaldi, casual, proletarian and some dowdy; we might   notice in the gentlemen and in the ladies a greater refinement in their  dresses and in their style. 
          The last evenings of January were not very cold, and walking in the faint light of the evening, among the seventeenth-century roads of the centre, breathing the fresh air, we seems to live a surreal and fantastic atmosphere.
          The centre of the town is a beautiful place. Turin is like a fine northern  woman that made me fall in love!
The memory of places and of native country, sometimes our mind evokes, is a sweet nostalgia that touches our hearths.
Moving away from that starting point, overpowering the gravitational force, we begin world citizens.

Gaetano Donato