mercoledì 14 dicembre 2011

Il Cacciatore Gentile



N
ella stagione della caccia, alle prime ore dell’alba, quando le ombre della notte si confondono con le prime luci dell’alba, Vittorio, cacciatore per hobby e per vocazione, era giù in cortile, vestito con la tuta mimetica, con il fucile a due canne a tracolla, che si preparava ad affrontare il viaggio verso le zone dove la selvaggina stanziava.

Novelli cavalieri, in sella non più a baldanzosi destrieri, ma trasportati da maldestre utilitarie, Pande o 127 FIAT o vecchie 500 con cambio non sincronizzato, si recavano, incolonnati, verso il campo di battaglia, dove il nemico, ignaro, era intento a brucare l’erba, o  a portare l’insetto ai “suoi rondinini”.
Vittorio però si distingueva da coloro che coltivavano la sua stessa passione per “l’arte venatoria”.
Lui stabiliva prima, in base alle sue esigenze, quale specie dovesse cacciare. Per cui, se decideva di cacciare fagiani, lui tirava solo ai fagiani. Se per caso sulla sua strada si imbattevano dei tordi o dei fringuelli, quel giorno non avevano da lui nulla da temere.

Purtroppo non tutti i suoi colleghi la pensavano come lui. E per questo aveva a volte delle accese discussioni con i fautori della “preda a tutti i costi”. Erano coloro che sparavano a tutto ciò che si muoveva tra le fronde; a volte impallinandosi a vicenda.
Un giorno di autunno, quando le foglie del giardino di casa divennero rosse e gialle e iniziavano a cadere creando dei tappeti dai bei colori, dalla finestra vidi Vittorio con il suo solito equipaggiamento, recarsi verso il campo di battaglia. Tornò presto, quel giorno. Qualcosa era successo. Non ci disse mai cosa, ma lui era profondamente cambiato. Non andò più a caccia, ma si dedicò alla raccolta dei funghi e alle passeggiate nei boschi..

Un giorno, una gatta nomade, diede alla luce dei gattini. Li notavamo vicino casa che si aggiravano spensierati e vispi come tutti i piccoli del mondo.
Vittorio li vide e se ne innamorò. Due piccolini, un maschietto e una femminuccia, erano di color fulvo e bianco. Vittorio li chiamò Rossetto e Rossetta. Una tutta nera la chiamò Nerina. Uno, grigio e bianco,
aveva avuto un incidente e zoppicava con la zampina posteriore.

Lo aspettavano, la sera, sdraiati sull’erba. E Vittorio portava scatolette e cibi vari.
Così successe per un po’ di tempo. Poi un incidente mise fine alla piccola vita di Rossetta. Vittorio si rese conto che quei gattini erano esposti a troppi rischi. Una ragazza adottò Nerina che divenne così una gatta di casa.
Purtroppo anche Rossetto ed il gattino grigio finirono sotto le macchine e Vittorio soffrì molto per la perdita dei suoi piccoli amici. Si ripromise che non si sarebbe più occupato di gatti per non avere poi dei dispiaceri e perché doveva anche affrontare l’ironia e il sarcasmo dei vicini.
E’ passato molto tempo da allora.

Una sera, era abbastanza buio, vidi Vittorio che, camminando col bastone, andava rasente il muro con un piatto di carta in mano. Mi vide e come schernendosi mi disse: “sai c’è un gattino grigio, così magro che mi guardava con due occhi…ma non dire niente a nessuno, è un mio segreto!”

Gaetano Donato

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